mercoledì 10 marzo 2010

“ Ricordando un carissimo e sincero amico, Demetrio Nicolò, a tre mesi dalla sua improvvisa scomparsa”

Ciao Demetrio!
Cosa c’è di peggio del dover pensare già al passato un caro amico, un fraterno amico, una presenza così consueta da sembrare eterna, immortale?
Demetrio invece se n’è andato, Demetrio Nicolò non c’è più. L’amico di una vita col quale non potrò più dialogare e polemizzare. Ora mi trovo costretto a tenere dei malinconici monologhi mentali rivolti a quel muro della cappella del cimitero, in alto, la dove lui riposa. Nemmeno il coraggio di mettervi piede, dentro quella cripta pur piena di luce, perché quella che vedo sembra una messinscena pazzesca che non riesce a sembrare vera: la fotografia, il nome, le date di nascita e di morte.
Accidenti a questo strano lavoro che mi è stato dato di svolgere, accidenti a tutte le mattine quando apro il lucchetto del cancello del cimitero e indirizzo automaticamente lo sguardo verso quel muro e dico “Ciao Demi”.
Tutti i giorni destinati a questo piccolo, silenzioso calvario che mi tocca mattina dopo mattina : un ciao a te, uno a Peppe, uno ai miei genitori, uno al professore Cianci, e viva via a tutti quelli che più hanno contato nella mia vita, quelli coi quali ho condiviso fatiche e speranze, gioie e dolori. Quelli coi quali era bello parlare, anche per ore. Quelli che quando se ne vanno ti fanno sentire terribilmente solo, vulnerabile. E quante gioie e quanti dolori abbiamo vissuto e condiviso insieme a Demetrio, quanti lavori immani abbiamo portato a termine fianco a fianco, povero amico mio perduto! Possibile che tutto sia finito nella solitudine algida di un pronto soccorso per il quale una vita umana non vale un attimo in più di attenzione? Viene quasi da dire che “per fortuna” hai fatto una morte bellissima, portandoti dentro gli occhi l’immagine di Claudio che suona e di Anna che canta e dentro le orecchie la voce di Ivania che ti incoraggia a distanza “ Papà ti voglio bene, papà io sono qua”
Non volevo sprecare le parole per tracciare un tuo ricordo. D’acchitto m’era venuto un articolo lunghissimo pieno di lodi e di rabbia. Lodi per la tua vita, rabbia per come ti hanno fatto morire ma in fondo non ce n’era bisogno. Del tu caso si è parlato tanto e non solo perché “ è uscito sui giornali” ma perché tutta quella Archi che ti ha conosciuto è rimasta profondamente sconcertata dalla tua morte. Perché tu rappresentavi una stagione irrepetibile di questo quartiere. La lunga ed esaltante stagione delle attività in Parrocchia, del Circolo Paolo VI, del teatro, delle interviste per strada, delle nostre inchieste ardimentose e stralunate che mai s’erano viste e sentite in questo pattume socio-culturale. La gente non aveva dimenticato, non ti aveva dimenticato ed è corsa in massa al tuo funerale. Oh che importanza ha se è stato in un’altra Parrocchia? Sono bastate poche parole di don Sasà e la presenza silenziosa ma molto eloquente di Padre Domenico, a far capire a tutti che non avevi smesso di essere il Demetrio di sempre e il buon cristiano che si è costruito interiormente con fatica e dedizione a cominciare dalla tua stessa famiglia.
Avevi cambiato luogo e la vicinanza agli “Amici di Fatima” ha semmai dimostrato non solo la tua capacità di dedizione ma anche di devozione alla causa della Fede e dell’evangelizzazione.
Di molte cose ho avuto ragione di pentirmi per la mia scelta di tornare ma non poche sono quelle che mi danno ragione di esser contento e una tra queste è la tua amicizia, la tua lealtà, la tua intelligenza e la tua disponibilità a rimetterti in gioco in qualsiasi momento.
Dibattere con te non era sempre agevole ma ciò accadeva soprattutto perché tu eri assolutamente incapace di piaggeria e di ipocrisia. Da queste parti si fa presto a scambiare l’intransigenza morale con la ruvidità di carattere: è comodissimo alibi che ci solleva dall’obbligo di capire, di guardare dentro al cuore delle persone, come raccomandava il nostro grande maestro don Italo Calabrò.
E’ un alibi che ti si è avventato contro parecchie volte, caro amico mio, troppe volte e alla fine potevi scegliere di continuare oppure di mollare tutto e vivere tranquillo nel ventre caldo della meravigliosa famiglia che hai saputo creare, non parlo solo di Anna e dei tuoi tre meravigliosi figli. Parlo anche dei tuoi cognati, delle cognate, dei nipoti.
Invece hai scelto di continuare e di questo, ti è grato Dio infinitamente di più di quanto non te ne possano essere grati gli uomini.
Speriamo che Dio ti abbia riservato davvero, come sperava don Sasà, un posto di elaboratore di software in paradiso. Da parte mia spero che quest’anno in poi ti sia dato l’incarico di installare l’acqua nel presepe del buon Dio e non importa se l’impianto ancora una volta non funzionerà. Se pioverà a Natale vorrà dire che è andata buca anche stavolta.
Ciao Demetrio, ti voglio bene. Mi manchi, ci manchi.
Il tuo amico
Nanà Barbaro

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